Con Emilio Iori, Responsabile demand management presso l’Università degli studi di Parma, abbiamo parlato di come lavorare per far evolvere la didattica (in particolare quella universitaria) verso un modello digitale e “ibrido”. Un passaggio che si deve inserire in una visione più ampia, in cui la parola chiave è integrazione: dell’ateneo con tutto il tessuto della città e del territorio e del digitale nell’offerta formativa complessiva, in una logica sempre più interdisciplinare e di formazione continua
29 Aprile 2021
Redazione FPA
Nell’intervista a Emilio Iori, Responsabile demand management presso l’Università degli studi di Parma, all’interno del percorso RestartItalia torniamo a parlare di come il mondo accademico abbia vissuto e affrontato l’emergenza dell’ultimo anno e a riflettere sulle prospettive che si aprono per il futuro. Le Università da un lato hanno vissuto, come tutte le pubbliche amministrazioni, la necessità di rivedere i processi interni nell’ottica di una digitalizzazione spinta e del lavoro da remoto; dall’altro hanno dovuto riprogettare la didattica per consentire agli studenti di proseguire il percorso nell’anno accademico. Iori definisce così il suo ruolo: “Mi occupo, con tutta l’area sistemi formativi, di allineare i servizi IT e la tecnologia alle esigenze della didattica, della ricerca e della gestione dell’Ateneo”, un ruolo probabilmente mai così centrale come in questo momento.
L’esperienza dirompente della pandemia
“Lo scorso anno siamo passati nel giro di un paio di settimane da lezioni che erano al 90 per cento in presenza a lezioni al 90 per cento online – ricorda Iori – ma agevolati, rispetto ad altre istituzioni scolastiche, dall’aver a che fare con studenti in età adulta, abbastanza omogenei anche nella loro attitudine alla tecnologia, e dal fatto che avevamo già delle esperienze nell’uso di tecnologie digitali per alcuni corsi di studio. Quindi un cambiamento repentino, ma abilitato e agevolato da situazioni di contesto”. Lo stesso passaggio repentino si è avuto nella gestione amministrativa, con i dipendenti che si sono trovati tutti a lavorare da casa tutti i giorni.
Le lezioni apprese
La differenza tra didattica di emergenza ed e-learning è una delle lezioni acquisite: nel primo caso l’importante è resistere, nel secondo caso, invece, di deve pianificare, progettare e rivoluzionare il modo di insegnare grazie alle tecnologie.
“Cerchiamo di fare tesoro dell’esperienza di tipo tecnologico, ma soprattutto di tipo metodologico e pedagogico, oltre che gestionale e organizzativo per l’amministrazione” sottolinea Iori, che prosegue “Sicuramente è emersa la necessità di affiancare degli instructional designer ai docenti per riprogettare e rivedere un po’ alla base il loro modo di insegnare grazie alle tecnologie, facendo in modo che non ci sia una dicotomia tra essere online ed essere in presenza. Occorre integrare queste modalità, individuando bene cosa può e deve essere fatto a distanza e cosa può e deve essere fatto in presenza, quindi sicuramente per i docenti è una sfida molto importante”.
Questa esigenza è emersa anche da una survey realizzata tra studenti e docenti dopo la prima fase di lockdown. Dall’indagine è emerso inoltre che gli studenti vorrebbero ricevere l’offerta di una didattica ibrida e vorrebbero poter scegliere in modo flessibile il proprio percorso formativo. Tutto questo comporta un notevole cambio di paradigma.
L’impatto sul territorio
“Nella misura in cui si passerà a una didattica ibrida, questo cambierà in modo significativo la geografia, l’attività economica e il tessuto sociale delle città universitarie che vedono nella presenza degli studenti un fattore molto importante, con tutti gli annessi e connessi positivi e negativi”.
Parola chiave: integrazione
Guardando al futuro, si deve lavorare sul tema dell’integrazione, sotto diversi punti di vista. Prima di tutto si deve inserire questo passaggio alla didattica ibrida in una visione più ampia, che integri l’ateneo in un mondo “digitale” fatto di relazioni con tutto il tessuto delle città e del territorio. Poi si devono avere strumenti integrati e univoci nell’ambito dello stesso ente e si deve integrare il digitale nell’offerta formativa complessiva, in una logica sempre più interdisciplinare e di formazione continua, lungo tutto l’arco della vita. Infine, è fondamentale lavorare sul reclutamento del personale universitario e sull’aggiornamento delle competenze interne.