I percorsi formativi cambiano format

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Abbiamo assistito per troppo tempo a formazioni tecnologiche di “addestramento” che non hanno avuto ricadute concrete sulla metodologia didattica. E’ necessario un ribaltamento culturale che segni il passaggio dalla “dinamica dei singoli corsi” ad un’ottica di formazione continua e di learning by doing. Ecco un esempio di formazione di Animatori Digitali

29 Aprile 2016

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Elisabetta Nanni, IPRASE

Nel mese di Gennaio, il Miur ha pubblicato le indicazioni e gli orientamenti per la definizione del piano triennale di formazione del personale della scuola. La formazione dei docenti, “obbligatoria, permanente e strutturale”, come afferma la Legge 107, diventa fondamentale sia per riqualificare un intero sistema che per la crescita professionale di ogni singolo insegnante.

Le novità riguardano soprattutto i format di formazione: non più ore frequentate passivamente per il rilascio di attestati che il più delle volte vengono considerati come “soldi del Monopoli”, ma i docenti saranno chiamati a seguire, come attori principali, percorsi di sviluppo professionale e di riflessione continua.

Dobbiamo riconoscere di aver assistito per troppo tempo a formazioni tecnologiche di “addestramento” che, purtroppo, non hanno avuto le ricadute concrete e tanto attese sulla metodologia didattica.

Nella mia attività di formatrice troppo spesso mi sono sentita dire che “Certo, conosco la LIM, conosco il software di quella determinata LIM, ma in classe come la posso usare?”.

E’ necessario, quindi, un ribaltamento culturale che può davvero segnare il passaggio dalla “dinamica dei singoli corsi” in cui l’evento formativo inizia e termina in un preciso momento e contesto, alla messa in Rete tra “metodologie, contenuti, dispositivi ed ambienti” in un’ottica di formazione continua e di learning by doing.

Quali approcci al digitale per lavorare direttamente in “situazione”? L’occasione si presenta con la formazione degli Animatori Digitali, le nuove figure istituite a livello nazionale dal Piano scuola Digitale.

Ogni animatore , come già ricordato in numerosi articoli, dovrà occuparsi della formazione interna, del coinvolgimento della comunità scolastica e della scelta di soluzioni innovative.

Gli incontri formativi degli AD, come precisato dalle FAQ pubblicate nel mese di Dicembre 2015, rappresentano l ’occasione “per poter interagire e confrontarsi con gli altri animatori digitali e quindi molto utili per la creazione di percorsi di rete tra gli animatori digitali “.

Partendo da questo assunto, è necessario progettare una formazione “autentica” presentando attività “in situazione” nelle quali le competenze del singolo possano entrare in gioco in un’ ottica di learning by doing.

Mi sono ispirata a questi principi per costruire un semplice format da utilizzare e sperimentare durante alcuni incontri di formazione per gli Animatori Digitali in Umbria. Non un “addestramento” tecnologico a nuove app senza finalità pedagogiche, ma considerare una volta per tutte le tecnologie come “nastro trasportatore” delle azioni da portare avanti.

Il setting, organizzato in isole tecnologiche, nelle quali, in piccoli gruppi, i partecipanti avrebbero potuto lavorare anche con i loro device personali, ha facilitato la modalità BYOD, già citata come azione #6 del Piano Scuola Digitale. Una connessione, non troppo robusta, è stata implementata da un piccolo apparecchio portabile wifi, che ha permesso l’accesso a circa 10 dispositivi. Perché il BYOD? Il laboratorio informatico con singole postazioni non rappresenta un ambiente inclusivo e lavorare in cloud con il proprio device facilita la fruizione e la produzione di contenuti.

La chiave vincente è rappresentata, però, non tanto dagli strumenti, ma dalla relazione che si instaura nei gruppi. Condividere e collaborare migliora sicuramente la pratica professionale e implementa la possibilità di costruire reti di rapporti, annullando così l’autoreferenzialità personale.

Dopo un’introduzione generale, una presentazione dei singoli partecipanti in una bacheca Padlet e la divisione in piccoli gruppi, il compito “autentico” è stato quello di :

  • scegliere uno degli ambiti del Piano Scuola Digitale (strumenti, competenze, contenuti, formazione);
  • condividere e discutere all’interno del gruppo le scelte operate nel proprio istituto relativamente all’ambito selezionato;
  • restituire la discussione in plenaria utilizzando un’applicazione tra alcune suggerite, di cui viene fornito anche un semplice tutorial che non esaurisce tutte le potenzialità dello strumento utilizzato, ma spinge l’utente a scoprirne eventuali implementazioni.

Fondamentale è stabilire i tempi e i criteri di valutazione del singolo prodotto: in questo caso è stata assegnata un’ora. Interessante notare come gli ambiti scelti siano stati solamente due per tutti gli incontri con i diversi gruppi, ovvero quello relativo alla formazione e quello dedicato agli strumenti.

E’ evidente che i bisogni formativi rappresentino l’urgenza di ogni singolo istituto: quale soluzione e strategia da pianificare per riuscire a “portar dentro” tutti coloro che ritengono di non dover utilizzare tecnologie nelle attività didattiche? Ma, nello stesso tempo, la scelta e la soluzione di problemi relativi alle infrastrutture appaiono come fondamentali per attuare un Piano Scuola Digitale personalizzato.

I docenti Animatori Digitali si sono cimentati nella realizzazione di prodotti creativi mettendosi in gioco nell’utilizzare tool fino ad allora non presi minimamente in considerazione. Rappresentazioni con infografiche, con video Powtoon, presentazioni Emaze, Muri virtuali Padlet sono stati il pretesto per confrontarsi e negoziare tra loro le scelte effettuate a livello decentrato.

Senza dubbio il numero dei partecipanti, che in alcuni incontri non è andato oltre le 40 presenze, ha facilitato la realizzazione del format.

A prescindere dal numero, però, dobbiamo riflettere sulla necessità di rendere attivi e protagonisti tutti coloro che partecipano al processo formativo. Gli Animatori Digitali sono la chiave per smuovere un sistema molte volte eccessivamente statico e passivo. Figure di connessione tra i singoli e l’istituzione, dotati di spiccate competenze relazionali, devono riuscire a portar fuori e tesaurizzare quel “sapere pratico” che, quotidianamente, nella scuola si costruisce.

Il loro ruolo, pertanto, rende obbligatorio ripensare un’azione formativa che risulti concreta, spendibile, replicabile pur con tutte le differenze che coesistono in ogni singolo istituto.

Richiamando le indicazioni della circolare di Gennaio già citata precedentemente, dobbiamo essere consapevoli che una formazione esclusivamente frontale poco incide sull’intero sistema. Lo “sporcarsi le mani”, l’attività laboratoriale, il “saper fare” in un’ottica di didattica per competenze, spinge il singolo ad uscire dal proprio guscio autoreferenziale e ad aprirsi agli altri.

Incoraggiamo, pertanto, la costruzione di Reti per dare origine a positive connessioni, aggregare risorse, capitalizzare buone pratiche rendendo dinamico l’intero sistema e promuovendo, soprattutto, lo sviluppo di quel capitale sociale indispensabile per la crescita professionale di ogni singolo istituto.

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