Il personale scolastico piemontese è molto più “in salute” di quello calabrese: sarà l’aria?
Il clima e la situazione meteorologica piemontese devono essere indubbiamente indicati per la salute della scuola italiana nel suo complesso: questa una delle impressioni più evidenti che si ricavano nello scorrere i dati che scaturiscono dal 2° rapporto sulla qualità nella scuola recentemente reso pubblico dalla rivista Tuttoscuola. Un lavoro completo e articolato quello degli autori, leggendo il quale si scopre anche che gli istituti nazionali migliori si trovano proprio da quelle parti.
31 Maggio 2011
Tiziano Marelli
Il clima e la situazione meteorologica piemontese devono essere indubbiamente indicati per la salute della scuola italiana nel suo complesso: questa una delle impressioni più evidenti che si ricavano nello scorrere i dati che scaturiscono dal 2° rapporto sulla qualità nella scuola recentemente reso pubblico dalla rivista Tuttoscuola. Un lavoro completo e articolato quello degli autori, leggendo il quale si scopre anche che gli istituti nazionali migliori si trovano proprio da quelle parti al nord, e anche professori e personale non insegnanti (amministrativi, tecnici e ausiliari) pare ne traggano beneficio, se è vero che i giorni di malattia sull’intero anno scolastico (oltre alle ferie, che per il comparto dell’istruzione nostrana non sono pochi, e alle feste comandate) risultano essere lì sensibilmente minori che in altre zone del Paese, soprattutto – e mai che ci sia verso di smentire questa sorta di tormentone e luogo comune, che invece trova troppo spesso modo di vedersi puntualmente riconfermato – rispetto al sud, meglio se profondo.
Per stilare la classifica Tuttoscuola ha tenuto conto di un centinaio di indicatori (96 per l’esattezza, riassunti in 200 tabelle) che avevano l’obiettivo di misurare la qualità del nostro sistema d’ istruzione tenendo conto di diversi fattori: numero di alunni per classe, voti degli studenti, disponibilità della mensa e del tempo pieno, assenze degli insegnanti, messa a norma degli edifici, ecc…
Dicevamo del clima, e si vede dunque che l’aria di Reggio Calabria, contro ogni aspettativa – lo ha sottolineato anche Gian Antonio Stella in un articolo dedicato sul Corriere della Sera – si presenta molto meno salubre di quella di Asti: il rapporto evidenzia che dalle parti dello Stretto un professore si ammala in media 12.8 giorni all’anno, mentre circa milletrecento chilometri più a nord solo 3.6; dicevamo di bidelli e resto del personale che non sono da meno, e nel caso in questione il raffronto del capoluogo calabrese è con Cuneo: 14.5 contro 7.5, anche se stavolta la maglia (della salute) nera va alla Sardegna per un soffio, visto che Nuoro sbaraglia tutti con 15 giorni netti di media. Forse anche sull’isola – chi l’avrebbe mai detto? – non devono mancare problemi derivanti dalla diffusione di polveri sottili.
Si parlava di scuole “eccellenti”: ebbene, è ancora il Piemonte a farla da padrone, stavolta con Biella, dove sono concentrate quelle giudicate complessivamente in assoluto le migliori. E i grandi centri, le “capitali”, morali economiche e di fatto, come se la passano? Gli istituti torinesi insidiano proprio i biellesi in seconda posizione, quelli milanesi se la cavicchiano con uno settimo posto, Bologna si piazza in 23esima posizione; con Firenze – 62esima – si comincia a scivolare verso il fondo, ma è messa molto peggio Roma,72esima , seguita (neanche tanto a ruota) da Palermo al 96esimo e Napoli al 98esimo posto (quasi al baratro: dietro di loro, poi, solo Catania e Isernia a chiudere).
Il materiale raccolto per l’analisi della condizione della situazione del cosiddetto “edificio dell’istruzione” nazionale nel suo insieme è corposo e davvero interessante, ed è anche importante sottolineare che la ricerca in questione ne segue una analoga stilata sempre da Tuttoscuola nel 2007. Quindi, è anche possibile cogliere in maniera significativa alcune mutazioni sensibili avvenute nel comparto, anche se solo in pochi anni. Nel complesso, l’Italia attuale sembra ancora (come allora) divisa in due, con il nord (soprattutto il nord ovest) “messo meglio” rispetto ad un sud che ha comunque indubbiamente recuperato terreno. Ad esempio, per quanto riguarda il cosiddetto patrimonio scolastico (attrezzature didattiche, biblioteche e uffici) le scuole del mezzogiorno risultano adesso essere in media le più ricche d’Italia, e gli istituti più informatizzati sono quelli pugliesi: in ogni scuola elementare di Bari, ad esempio, sono disponibili in media 19 computer contro i 7 di Belluno. E sempre al sud i docenti sono più stabili (è considerato un indicatore di qualità), con un tasso di insegnanti precari che in media è al 13,1% contro il 27,7% del nord est.
Tra le regioni, il primo posto assoluto va al Piemonte, che strappa il primato precedente detenuto dall’Emilia Romagna; un bel salto in avanti lo fanno anche il Friuli Venezia Giulia, la Liguria e la Toscana, mentre perdono terreno le Marche e la Calabria. E qui c’ è un altro dato che salta ancora (purtroppo) all’occhio: la regione è al primo posto sia per la percentuale dei promossi sia per quella degli studenti che superano l’esame di maturità con il massimo dei voti (all’opposto, come regione più severa, è invece la Lombardia). Domandina semplice semplice, allora, quasi da scuola elementare: non sarà che gli studenti calabresi possono contare su insegnanti particolarmente “comprensivi” e dotati di quella che classicamente viene definita “manica larga”, che più larga non si può?