La nuova “normalità” della Scuola Digitale: eccezionale perché in Italia non s’era mai vista
4 Novembre 2015
Antonio Fini, dirigente scolastico Istituto Comprensivo di Arcola-Ameglia
Martedì 27 ottobre il Ministro Giannini ha presentato il nuovo Piano Nazionale per la Scuola Digitale (PNSD). Questo non è certo il primo articolo sul tema che appare sul web, anzi, già dalla Sala della Comunicazione del MIUR in molti hanno twittato in tempo reale contenuti e impressioni. Quel giorno si respirava un’aria particolare, tra gli austeri saloni del Ministero: non so se accada in ogni occasione importante, ma ho avuto l’impressione che questa volta, tra politici, dirigenti, funzionari, collaboratori e invitati vari circolasse una speciale energia, come se davvero si fosse di fronte ad una novità “epocale”.
E’ questa una opinione abbastanza diffusa, che si ricava dai primi feedback ottenuti dal Piano sui social network e sui media. Paolo Ferri, in uno dei primi articoli usciti sul tema , ha definito il Piano un “terremoto digitale”, riprendendo una frase dell’ex ministro Luigi Berlinguer.
E’ certo un’immagine suggestiva e giustamente ne esalta lo spirito innovativo, ma forse non coglie appieno il senso del Piano che è invece a mio parere da considerare come il primo documento che riporta finalmente la “questione digitale” nella …normalità.
Il piano della normalità: questa è la vera rivoluzione!
Durante i mesi nei quali ho avuto l’occasione di collaborare alla stesura del testo, ho costantemente avuto questa impressione, che è ora confermata da Damien Lanfrey, uno dei coordinatori del grande lavoro di squadra che ha portato alla definizione del Piano. Scrive Damien, sul suo blog, in un bel post di riflessione ex-post “ la scuola digitale non è un universo parallelo. Non è un’altra scuola . Esiste solo la scuola, un’organizzazione complessa con una missione ben precisa: la buona didattica, e quindi il fine ultimo, gli apprendimenti, le competenze dei nostri studenti”.
Riflettiamo un attimo: ma è possibile che, tra i tanti ambienti che tutti noi frequentiamo giornalmente (dalle nostre case a uffici, negozi, locali ecc.), solo la scuola sia rimasta mediamente un luogo “disconnesso”? Possibile che ancora si discuta sull’opportunità o meno di utilizzare le normalissime tecnologie che ognuno di noi usa quotidianamente? Possibile che si vedano solo rischi e non opportunità in questo uso? Possibile che si ignori la presenza della Competenza Digitale tra le otto competenze chiave per il lifelong learning, individuate a livello europeo ormai quasi dieci anni fa? Possibile che un qualsiasi ufficio, pubblico o privato, operi ormai prevalentemente in modo digitale, mentre la scuola continua ad essere una sorta di enclave analogico-cartacea? E’ possibile, oltre che sensato, che si sia ancora costretti a parlare di scuola “digitale”?
Potrei continuare, e lascio ai ventiquattro (non oso inserire la citazione giusta…) lettori, se vogliono, il compito di provare a integrare questa lista di domande. Chiedo però eventualmente di eseguirlo tenendo aperto davanti a sé, leggendo punto per punto, azione per azione, il PNSD.
Chi vorrà provare questo esercizio scoprirà che il Piano parla, semplicemente, di come dovrebbe funzionare (oso dire, di come funzionerà, si spera a breve!) la scuola del nostro tempo, senza illusioni miracolistiche (sappiamo ormai con certezza che un computer, una LIM, la robotica, l’ultima diavoleria tecnologica che ancora non è uscita, di per sé non migliorano di una virgola gli apprendimenti!) ma anche finalmente cercando di liberarsi delle zavorre culturali che vedono pericoli ad ogni “angolo digitale” e che, sostanzialmente, rendono oggi la scuola ancora “un mondo a parte”.
Rapidamente, proviamo ad elencare le principali “normalità” presentate dal Piano:
La connettività, prima di tutto. Non credo serva alcun commento: la connessione in ogni aula è la condizione abilitante per ogni altra azione. Banda larga (importante e “impressionante” l’impegno preso dal MISE, per bocca del sottosegretario Giacomelli durante la presentazione al MIUR: in ogni territorio raggiunto dalla banda larga, la priorità per la connessione sarà assegnata proprio agli edifici scolastici), cablaggio/wifi interno per abilitare tutti gli ambienti alla connessione. Non è forse una condizione “normale”, questa?
Ambienti per l’apprendimento. La “normalità” qui si tocca con mano, ad esempio con lo sviluppo del BYOD (che poi, anche i quaderni e le penne sono “tecnologie” BYOD, in fondo…) o con l’idea degli atelier creativi e laboratori per le competenze chiave, che consentiranno un mix tra apprendimenti pratici e manuali e mondo digitale. Che è poi quello che avviene tutti i giorni, ovunque.
Identità digitale. Ogni cittadino ha ormai un profilo digitale che lo segue per la vita, ad esempio per questioni fiscali o previdenziali. A scuola, anche questo sarà presto “normale”, per quanto riguarda il curriculum (non solo scolastico) di studenti e docenti (con la importante citazione di un portfolio professionale permanente).
Amministrazione digitale delle scuole. Rottamare finalmente i fax e ridurre il consumo di carta: una realtà già consolidata per molti uffici pubblici e privati. E’ “normale” che lo diventi finalmente anche per le segreterie scolastiche!
Competenze. Il Piano aiuta a prendere atto che esiste anche la competenza digitale (è anche presente nel modello di certificazione delle competenze al termine del primo ciclo, quindi non è un optional!) ma, soprattutto, che essa è oggi intimamente connessa non solo alle altre competenze chiave ma anche alla possibilità di esercitare appieno i diritti di cittadinanza. La “normalità” è consentire agli studenti (tutti!) di diventare persone e cittadini competenti, in una società sempre più digitale. Il ruolo della scuola è fondamentale, per contrastare quella insidiosa forma di divario digitale, basata sul background socio-economico-culturale degli studenti.
Formazione e accompagnamento. Inutile illudersi: la “normalità” nella scuola non è ancora quella descritta nel Piano. Il percorso da fare è ancora lungo. Ad esempio, se le competenze digitali degli insegnanti sono mediamente basse, non potranno certo essere elevate quelle degli studenti. Il Piano cerca di andare al cuore dei problemi: l’assistenza tecnica (spesso ostacolo insormontabile specialmente nelle scuole del primo ciclo), le figure di riferimento (l’animatore digitale), tanta formazione, sia in fase iniziale che in servizio. Certo, è necessario che tra gli insegnanti e il personale tutto vi sia una nuova consapevolezza rispetto non solo allo specifico delle tecnologie ma più in generale all’innovazione della didattica (Lanfrey parla di uscire dalla comfort zone). Su questo punto, dal Piano arriva una promessa importante: docenti e amministrativi non saranno soli in questo percorso.
Tutto bene, dunque? Tutto bello, digitalmente luccicante? Niente affatto. Intanto scontiamo un pesante ritardo da colmare, poi le risorse, che pure sono indicate chiaramente, saranno sicuramente giudicate ancora insufficienti (su questo punto la critica è fin troppo facile!) e certamente le resistenze culturali sono ancora forti.
Il Piano fissa però un riferimento socio-culturale forte, che è ineludibile ma anche decisamente impegnativo per i diversi attori. Impegna il Governo prima di tutto: alle (belle, ma non in senso ironico) parole scritte nel Piano dovranno seguire buoni, anzi buonissimi, fatti. Ma parla chiaro anche al personale tutto delle scuole: proviamo a rivedere tutti insieme il concetto di “normalità”? Non possiamo aspettare ancora.
Buon lavoro …a tutti noi!