L’innovazione necessaria
Ultimamente i miei editoriali sono stati piuttosto disperati, per cambiare questa volta voglio partire da una nota positiva.
Il 9 di giugno, a Milano, nel Convegno della Giornata nazionale dell’innovazione che ho moderato, ho visto un sacco di belle cose. Le ho viste e non solo sentite perché abbiamo fatto portare a più di una dozzina di “innovatori” filmati e presentazioni che, cinque minuti per uno, hanno dipanato sul palco dell’Università IULM un catalogo di cose nuove impastate di coraggio, di inventiva, di entusiasmo. Insomma il meglio che questo Paese sa produrre…
16 Giugno 2010
Carlo Mochi Sismondi
Ultimamente i miei editoriali sono stati piuttosto disperati, per cambiare questa volta voglio partire da una nota positiva.
L’altro giorno, il 9 di giugno, a Milano, nel Convegno della Giornata nazionale dell’innovazione che ho moderato, ho visto un sacco di belle cose. Le ho viste e non solo sentite perché abbiamo fatto portare a più di una dozzina di “innovatori” filmati e presentazioni che, cinque minuti per uno, hanno dipanato sul palco dell’Università IULM un catalogo di cose nuove impastate di coraggio, di inventiva, di entusiasmo. Insomma il meglio che questo Paese sa produrre.
Peccato che non ci fosse il Governo ad ascoltare, né i giornalisti a riportarne: distratti entrambi dalle incomprensibili alchimie di una politica sempre più staccata dalle cose.
Ma loro c’erano: giovani e meno giovani gli innovatori c’erano a testimoniare che, se il successo non ce lo assicura nessuno, certo provarci dipende da noi.
Abbiamo riportato sul nostro sito le loro presentazioni: fateci un giro, vi sembrerà di aprire una finestra quando l’aria della stanza è viziata: un po’ d’aria fresca che aiuta a respirare!
Altre note positive arrivano dalle soluzioni presentate dalle piccole e piccolissime aziende presenti all’elevator pitch a FORUM PA 2010, molte delle quali sono frutto di spin off universitari [anche di queste presentiamo una breve sintesi in questa newsletter].
Volete un’altra nota positiva: l’ho trovata nelle parole di Brunetta nella cerimonia che la sera prima al Quirinale aveva preceduto la consegna dei premi agli innovatori italiani da parte del Presidente della Repubblica. Il discorso lo trovate per intero sul sito della Giornata Nazionale dell’Innovazione, io ve ne riporto solo il passaggio che mi è piaciuto di più:
“…solo innovando, nelle tecnologie, nelle procedure e nelle regole riusciremo a rendere l’Italia più competitiva e più giusta, quindi più capace di combattere sprechi e arretratezze.
E’ un errore, grave, vivere questa stagione come una specie di passaggio pauperistico. E’ una limitazione, pericolosa, pensare che tutto si concentri ed esaurisca nei tagli. Si deve, al contrario, cogliere l’occasione per avviare processi innovativi virtuosi, che sappiano cambiare il Paese per renderlo migliore. “
Qui son finite le note positive ed è cominciata invece per me una riflessione che ha messo continuamente a confronto quanto sentito dal Ministro, quanto visto a Milano e quanto la cronaca politica di questi giorni ci sta proponendo.
Insomma io tutta questa spinta per l’innovazione non la vedo: i soldi per la scuola, per l’università, per la ricerca sono sempre di meno; i soldi per la larga banda sono “congelati” chissà dove e non si vede il disgelo; i motori più potenti di innovazione territoriale, ossia i Governi locali delle Regioni, delle Province e dei Comuni dichiarano che dovranno tagliare non solo l’innovazione, ma i servizi di base.
Le amministrazioni pubbliche sono strette da questa manovra in un arrocco che, senza comunicazione, senza consulenze, senza possibilità di muoversi (dagli allo spreco!), con la metà della formazione (chissà che ce ne faremo poi della tecnologia), chiude loro porte e finestre.
Pesano certo i soldi tolti come sempre soprattutto ai più virtuosi (leggete la istruttiva testimonianza del direttore generale di Imola), ma pesa ancor di più, se possibile, il clima di oscurantismo che c’è dietro. Pesa la metacomunicazione che dice, in filigrana ma leggibilissima, che l’amministrazione pubblica è già un peso, non osi pensare all’innovazione: “il tempo di crisi non è tempo per l’innovazione e le riforme”.
Il guaio è che questa atmosfera cupa è contagiosa: ed ecco che molti esponenti del Governo centrale e dei Governi locali, invece di rivendicare il proprio autonomo diritto a fare politica, cominciano a buttarsi addosso l’un l’altro l’accusa di essere il più spendaccione. Si inanellano tabelle, si sparano percentuali di tagli (i nostri son sempre più pesanti), si dichiara che no, questa volta non tocca a noi.
Chiudo, prima che mi riprenda la depressione, citando un famoso passo manzoniano:
“Lascio poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio quelle povere bestie, così legate e tenute per le zampe, a capo all’in giù, nella mano d’un uomo il quale, agitato da tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli passavan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per collera, ora l’alzava per disperazione, ora lo dibatteva in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste spenzolate; le quali intanto s’ingegnavano a beccarsi l’una con l’altra, come accade troppo sovente tra compagni di sventura.”
… a buon intenditor…