L’intervista di Gianni Dominici a Lorenzo Benussi, Chief Innovation Officer della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, sul tema della reazione della scuola all’emergenza sanitaria e sul suo futuro. La pandemia ha rappresentato un grande shock per la scuola, portando però ad una accelerazione dell’utilizzo delle tecnologie e ad una nuova riflessione sul concetto di fare scuola nel XXI secolo. Oltre la DaD, serve puntare con forza sull’innovazione tecnologica e sull’elaborazione di piani di apprendimento personalizzati alle esigenze degli studenti, senza dimenticare la necessità di dotare le scuole della infrastruttura adatta e gli insegnanti di una formazione adeguata
24 Novembre 2020
Redazione FPA
La crisi sanitaria ha aperto nuove frontiere dell’apprendimento e ha consolidato nuove forme di collaborazione tra la scuola e terze parti in grado di offrire le competenze e gli strumenti per risolvere i problemi derivanti dalle misure di limitazione del contagio.
Molte scuole, infatti, hanno riscontrato grandi difficoltà in questi mesi sia in termini di erogazione della didattica che di utilizzo delle tecnologie in senso ampio, non riuscendo a sfruttare al massimo le potenzialità degli strumenti a disposizione.
In questa puntata Gianni Dominici intervista Lorenzo Benussi, già assistente del consulente per la ricerca e l’innovazione del Ministro Profumo, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, e attuale Chief Innovation Officer della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, la quale si occupa di accompagnare le scuole nel percorso di innovazione sia tecnologico che didattico.
“Negli ultimi tre anni abbiamo sviluppato un progetto che si chiama Riconnesioni” esordisce Benussi, ricordando il lavoro della Fondazione nel formare gli insegnanti che, sia durante il lockdown primaverile che durante la sosta di queste settimane, hanno costituito una solida comunità, dando risalto alla collaborazione professionale quale chiave per risolvere i problemi. Se infatti da una parte la crisi ha rappresentato un grande shock, dall’altra ha permesso di sviluppare tutta una serie di competenze di design che hanno aumentato le capacità di problem solving degli insegnanti sia in ambito di didattica digitale che della sua impostazione, ben diversa dalla didattica ordinaria.
Riguardo la DaD poi Benussi è molto chiaro: “didatticamente vuol dire molto poco, si può essere vicini o distanti dagli studenti sia in aula che con un pc”. È chiaro che la didattica in presenza sia meglio, ma ciò non toglie che questa può essere l’occasione per lavorare sul concetto di lezione, ragionando sulla scuola del futuro, dove affrontare 6 ore di lezione frontale sembra alquanto improbabile. Questa crisi ha anche posto nuovamente l’attenzione sul tema dell’apprendimento degli studenti, evidenziando la necessità di una scuola multidisciplinare in cui ragazze e ragazzi vedano i propri bisogni educativi soddisfatti.
“Anche il testo scolastico deve evolvere” conclude Benussi, sottolineando la contraddizione che si vive ormai da anni tra testi digitali e cartacei. Serve portare avanti proposte di consultazione condivisa, costruendo i libri in base alle necessità degli studenti e facendo della rete uno strumento aggiuntivo non sostitutivo. La scuola del futuro, dunque, passa necessariamente da investimenti sull’infrastruttura digitale del paese e su un profondo ragionamento sulla professione dell’insegnante nella costruzione dei percorsi didattici.