Per l’animatore digitale meglio una squadra di persone

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19 Gennaio 2016

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Roberto Bondi, Docente, componente del Servizio Marconi TSI dell’USR Emilia Romagna

Da quando, con la nota di metà novembre (Nota prot. n 17791 del 19/11/2015), si è aperta la partita dell’animatore digitale (#AD), prima con la richiesta dell’individuazione, poi con la definizione delle reti per la formazione “ufficiale” MIUR, il tema ha quasi monopolizzato i gruppi tematici (didattica e tecnologia) sui social. La “questione digitale” emerge e si diffonde anche al di là della cerchia dei soliti noti, intendendo docenti e scuole che negli step precedenti del PNSD già si erano mossi ed avevano ottenuto risultati. E’ un primo risultato di tutto rilievo. Anche le punte di animosità che caratterizzano il confronto on line tra chi sostiene le più variegate posizioni sul tema sottolinea interesse ed attenzione per la questione, e riflette un dibattito magari meno acceso ma non irrilevante dentro le scuole.

All’#AD il PNSD affida in sostanza l’azione di accompagnamento. La “figura” accompagna a livello di istituto l’applicazione del Piano, la realizzazione adesso_e_qui delle non semplici azioni che questo delinea, il raggiungimento di finalità che, nella loro compiutezza, sono chiaramente a distanza siderale dalla realtà, dal vissuto di molte scuole. Chi ha scritto il documento ne era (ed è) ben consapevole, ma la linea andava tracciata, per ri-orientare la corsa di chi già è avanti sulla via del digitale, e per indicare a chi si avvicina a queste problematiche gli obiettivi ultimi e saltare magari qualche passaggio intermedio oggi non più indispensabile.

Pubblicato il Piano, il 27 ottobre scorso, le prime dispute sono tutte sulla definizione della figura. Lì si incentrano ironie, controironie… tra tanti termini plausibili proprio quell’”animatore” che richiama altro genere di contesti ecc…

Poi la questione si smorza dietro una graduale accettazione del termine, ormai neutralizzato e sostanzialmente entrato nell’uso corrente, e la questione si infiamma intorno al tema della “mansione”, dell’”incarico”, della “remunerazione”.

Ma l’#AD dovrebbe sostanzialmente essere inteso come una funzione. Il Piano non fa tabula rasa delle esperienze precedenti, parte dal digitale che nella scuola c’è già. E vale anche per la figura delll’#AD. Nella mia esperienza in Emilia-Romagna conosco diversi #AD fatti e finiti che hanno condotto le loro scuole a risultati di rilievo, ed anche altrove è sicuramente lo stesso. Docenti che hanno accompagnato, qualche volta “guidato”, le scelte dei dirigenti che hanno portato a digitalizzare efficacemente spazi d’azione più o meno ampi dell’attività della loro scuola.

La funzione è decisamente una funzione di staff, di supporto decisionale, di consulenza interna ed indirizzo. Middle management, di cui spesso si discute. Sicuramente.
Un middle management come condizione di fatto esiste in ciascuna scuola: le contingenze (e in primis l’indirizzo gestionale dato dal dirigente, la sua personalità ed il suo stile di conduzione) fanno sì che la misura e l’orientamento di queste funzioni siamo estremamente differenziate da istituto a istituto; non può essere diversamente. Penso a chi ha supportato e/o realizzato nelle scuole la gestione dei viaggi di istruzione, dei percorsi teatrali, delle esperienze scuola lavoro, dei rapporti con gli enti locali e… di chi si è occupato di digitalizzazione. Il PNSD non fa altro che indicare come il tema “digitale” non possa più essere lasciato alla discrezionalità dei singoli: di digitale bisogna occuparsi per il ruolo che questo ha assunto nella società, nell’economia, nella vita quotidiana. E’ il messaggio ultimo del Piano. Con buona pace di chi ha puntato verso altre direzioni, evitando di occuparsi di digitale, o lasciandolo ai margini degli interessi e della progettualità di istituto. Con il Piano di digitale devono occuparsene tutti. Non è IL tema della gestione della scuola, ma è un tema che non può essere tralasciato. L’individuazione dell’’#AD è uno dei primi passaggi che statuisce la presa in carico di questo tema da parte dell’istituto.

#AD come conferma di chi già si muoveva in questa direzione. #AD come rafforzamento della funzione dove era presente ma marginale. #AD come creazione di una nuova figura e necessità di recuperare il tempo perduto per chi non si era interessato prima.

Intendere l’#AD come “funzione” non implica che questa risieda necessariamente in UNA persona. Data l’ampiezza del contenuto di questa funzione così come delineata dal PNSD e poi specificata nei documenti che ne sono seguiti (fino al controverso elenco dell’allegato al Decreto Direttore Generale DGEFID n. 50 nella cui lunga lista si delinea una figura sicuramente inesistente ed irrealizzabile nel breve pensando ad un unica persona che debba padroneggiare tutti quei temi), la funzione #AD in una situazione ottimale è realizzata da un team di persone, non da un singolo.

L’esplicita richiesta di individuare un singolo docente, da indicare al MIUR, risponde ad un criterio di praticità (far convergere le comunicazioni, impostare una prima azione di formazione con risorse al momento limitate – i fondi già destinati dal DM 435/15 in anticipo sull’uscita del Piano stesso-), ben comprensibile nel momento in cui l’inclusività del Piano, il suo rivolgersi a tutte le scuole e non più ad una selezione “convergente” di queste come era stato in tutte le edizioni precedenti del PNSD, pone di fronte a problematicità nuove e piste inesplorate.

Se la “persona” #AD è in un certo senso l’interfaccia esterna della funzione, rispetto allo svolgimento del lavoro dentro l’istituzione scolastica è molto difficile non pensare all’azione di un team, di un gruppo, che agisce con un ventaglio di modalità operative che vanno a sfumare e ad includere quelle azioni di supporto -anche spicciolo e quotidiano- ben note a chi ha ricoperto il ruolo di funzione strumentale per le nuove tecnologie (o definizioni simili).

La lettura della funzione #AD come mansione, come “incarico”, da associare ad un’unica persona, ha sicuramente portato in questa prima fase a qualche incomprensione. L’approccio competitivo del “bando interno”, di una sorta di “concorso per titoli” con l’inevitabile corollario di posizioni vincenti e perdenti, magari spinto da una apprezzabile tensione all’equità e alla trasparenza, può aver creato disaffezione e spinta al disimpegno in diversi docenti che potevano e dovevano invece essere coinvolti a pieno nella gestione di uno staff-#AD. Ancora, il focus relazionale della funzione “animatore”, ben definito e rimarcato nel PNSD, troverà senz’altro difficoltà di realizzazione dove la scelta di un ”animatore unico” è andata, per stima, continuità di impegno e di rapporto, e non ultimo per la qualità dei risultati tecnico-strutturali raggiunti, verso una figura prettamente tecnica, di supporto, appunto “strumentale”. Sono chiaramente problemi tipici delle situazioni “forti” che hanno visto negli ultimi anni consolidarsi e stratificarsi dentro ad alcune scuole -di fatto pioniere del digitale- competenze e professionalità specifiche, da non perdere e da inserire in un quadro di collaborazione e condivisione che il mondo digitale impone (e che non è mai semplice da realizzare nei contesti organizzativi reali).

Ma il Piano è appunto prima di ogni cosa inclusivo, e a fronte di non poche situazioni di digitalizzazione ben avviata se non già realizzata, abbiamo una moltitudine di scuole dove l’individuazione è “naturalmente” andata verso l’unico che avrebbe potuto/voluto farsi carico della partita. E non poche sono le scuole che hanno lamentato la mancanza di una figura adeguata e/o disposta a farsi coinvolgere in questa partita, chiedendo di non individuare l’#AD.

E’ lecito non individuare un #AD? Sì. Lo dice chiaramente la FAQ del MIUR. Ma in termini di opportunità e di prospettiva la scelta di non individuarlo appare quanto meno deprecabile. Il Piano e l’#AD sono due facce dello stesso processo. Rinunciare al secondo equivale a un messaggio di sostanziale sottovalutazione se non disinteresse verso le emergenze e le priorità del primo.

Può esistere un “grado zero” dell’animatore digitale? Un livello dove anche competenze digitali minimali possono comunque dare un senso a questa funzione?

Sicuramente sì. Leggere quotidianamente il sottosito dedicato del MIUR e passare tempestivamente le informazioni, con un minimo di lettura, al Dirigente, al DSGA, ai colleghi. Aggiungiamo un po’ di presenza sui social e nelle community dedicate. Questo passaggio non deve mancare ed è sicuramente possibile ovunque. Può essere questo il “grado 0” dell’animatore digitale. Siamo ben lontani dalla definizione dell’#AD che si evince dai documenti, per non dire della “lista”. Ma in ogni caso è il primo fondamentale passo per attivare un processo che deve portare lontano (il Piano è ambizioso, non può essere altrimenti), ma che deve in ogni caso mettersi in moto.

Gradualità. Fissare obiettivi plausibili. Attività ed azioni realizzabili da subito, definite in base alle esperienze esistenti.

Se la questione centrale in questa prima fase del processo è quella dell’intendere e condividere il senso del ruolo e dell’attività dell’animatore e dell’individuazione della persona che meglio può contribuire in questa posizione, i ragionamenti sulla formazione hanno contribuito a qualche cortocircuito. La formazione specifica per gli #AD è già prevista nel DM 435/2015, che anticipa il piano stesso. Ma nessuno ha ancora pubblicato dati certi, a tutt’oggi, sulle sue modalità di organizzazione e realizzazione, al di là della certezza dell’assegnazione a reti territoriali di scuole con snodi presenti in ciascuna provincia. E intorno al tema è invece un rincorrersi di proposte e controproposte di terze parti che stanno tra il commerciale tout-court e le logiche di affiliazione, affermazione, legittimazione da parte di enti ed associazioni.

Essere individuati #AD promette sulla carta l’accesso ad una formazione specifica, dedicata, formalizzata. Farà curricolo, darà un titolo. Di qui spinte a muoversi per candidarsi e ricoprire l’incarico anche per accedere ad un percorso formativo qualificato e qualificante.

Al tempo stesso sono ben percepibili i timori di un percorso formativo percepito come d’obbligo e che si presume lungo e pesante. Che si aggiunge alle altre incombenze di servizio dell’#AD, perché nei fatti quasi mai l’#AD ricopre solo quella funzione a scuola, nonostante la sua complessità.

La prima tranche della formazione, finanziata dai fondi D.M. 435/2015, di importo già fissato e reso noto con il DDG 50/2015, non lascia spazio ad altri che all’#AD individuato; ma si tratta di un primo impegno di un percorso triennale, vale per questo scorcio di anno scolastico. Ci sono segnali dal MIUR di successivi passaggi -non così remoti- dove la formazione “dell’animatore” verrà presto allargata a Dirigente Scolastico, DSGA, ad altri docenti dell’istituto oltre l’#AD individuato. In sostanza traspare di nuovo l’idea di una funzione #AD allargata a più persone, a quello staff al momento solo indirettamente indotto dal PNSD ma che è nei fatti l’unica risposta plausibile alle sfide di un presente digitale che, per la scuola, il piano prova per la prima volta ad inquadrare in modo organico e complessivo.

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