Piano Nazionale Scuola Digitale, nodi da sciogliere nella strategia d’azione
9 Novembre 2015
Nello iacono, Stati Generali dell'Innovazione
Il
Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD)- com’è stato ben detto e scritto da molti- è
senz’altro uno dei documenti strategico-operativi più lungimiranti e visionari
della storia recente nel settore pubblico. Si basa e si sviluppa su indirizzi
di grande consapevolezza sulla trasformazione digitale, fino all’affermazione
che non di “scuola digitale” bisogna parlare, ma solo di innovazione nella
scuola. È il “piano della normalità” come
sottolineato
da Antonio Fini
.
Un piano certamente ambizioso, perché di rottura e di profonda innovazione rispetto alla cultura e alla prassi prevalente. E quindi un piano che, per potersi realizzare, ha bisogno di una struttura e di una strategia di intervento in grado di superare le resistenze che inevitabilmente incontrerà.
Resistenze di cui chi ha curato la redazione del Piano è senz’altro ben conscio, e infatti lungo tutto il documento si avverte l’attenzione forte verso il superamento dei problemi che nel passato hanno di fatto vanificato gli sforzi di innovazione e di sviluppo di una nuova cultura dell’educazione, confinando i cambiamenti in alcune isole di eccellenza.
Ma uno dei punti cruciali è qui: il piano prevede già un’organizzazione e una strategia di azione sufficienti per la sua realizzazione?
Senza la pretesa di esaurire l’argomento, e sperando di fornire spunti per una riflessione, credo sia utile porre all’attenzione (soprattutto del Miur) alcuni nodi da affrontare:
- nel capitolo dedicato all’Accompagnamento, ma anche nel resto del PNSD, non si fa riferimento ad uno degli strumenti più avanzati che sta mettendo in campo il Miur: il Rapporto di Autovalutazione (RAV). Il RAV, che dal 3 novembre è pubblicato online per tutte le scuole, è la base fondamentale per la definizione del piano di miglioramento di ciascuna scuola e quindi per innestare in modo proprio, rispetto a carenze e specificità della singola scuola, le innovazioni che anche nel PNSD vengono indicate. Questa assenza, che mi è difficile comprendere, rischia di far percepire le azioni di innovazione indirizzate dal PNSD come “azioni altre”, in contrasto con quanto sembra essere nelle intenzioni del PNSD;
- nella stessa logica di separazione sembra essere presentata l’azione degli animatori digitali, che dovranno definire progetti ad hoc per il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), e quindi esterni al flusso che porta dal RAV al piano di miglioramento e di qui al PTOF.
- quando si tratta il tema dell’accompagnamento non si fa mai cenno a task force di supporto, ma solo a interventi formativi e di monitoraggio. Eppure, nei progetti di cambiamento più ampi e ambiziosi (come certamente è questo) il supporto tecnico, motivazionale, che consente di superare i problemi e le resistenze, ma anche di avvertire l’organizzazione concretamente “al proprio fianco” è uno dei fattori di successo. Il presidio di due delle fasi cruciali del cambiamento (secondo Kotter, “comunicare la visione” e “rimuovere gli ostacoli”) necessita di presenze capillari. Saranno in carico agli USR? Saranno abilitate le reti di scuole? Si utilizzeranno le competenze di Indire sul miglioramento?;
- la stessa azione relativa alla “galleria delle buone pratiche” è improntata alla logica della raccolta e dell’esposizione, che ha già dimostrato di non essere sufficiente per la condivisione e il riutilizzo delle esperienze e delle buone pratiche. Su questo punto, con l’esperienza di Indire, l’auspicio potrebbe essere quello di dare rapidamente un ruolo più forte e istituzionale alle reti di scuole, partendo da quelle già consolidate (più rapidamente di quanto previsto nel PNSD, dove si indica soprattutto un obiettivo di mappatura ed emersione);
- l’organizzazione che deve governare il cambiamento non mi sembra emerga con forza e chiarezza, in termini di ruoli, dimensione, funzionamento. Eppure è indispensabile che sia definita e sia adeguata al compito ambizioso che deve realizzare. Come ho scritto in passato , credo che l’articolazione gerarchica centrale e territoriale del Miur possa svolgere solo un’azione di supervisione e di monitoraggio generale. L’abilitazione delle reti di scuole come ruolo istituzionale-operativo per la realizzazione del cambiamento, credo sia una scelta necessaria;
- i cambiamenti si realizzano se il valore dell’innovazione viene affermato inequivocabilmente da chi lo promuove, e quindi, anche, se viene premiato chi innova e disincentivato chi resiste. La valutazione dei docenti assume, così, un’importanza basilare. In questo contesto, qual è la ragione per cui il Miur suggerisce agli USR di inserire nei “comitati di valutazione dei docenti“ soprattutto dirigenti e anche in pensione (e quindi certamente al di fuori del processo di cambiamento)?
Proprio perché le resistenze sono tante, i rischi sono elevati, non possono esserci debolezze nell’organizzazione, incongruenze di comportamento e di messaggi. E se li riscontriamo, è necessario affrontarli con determinazione e rapidità, prima che causino ostacoli insormontabili, perché l’obiettivo lo merita. È l’innovazione della scuola, il futuro dell’Italia.