Poche donne nel digitale: come porvi rimedio? Il ruolo della scuola e della società
I corsi di laurea ICT sono quelli in cui è più forte il peso del gender gap: un aspetto preoccupante, se si pensa che qui si stanno formando le persone che saranno chiamate a portare a compimento la transizione digitale. Di fronte alla poca efficacia delle strategie messe in atto finora per colmare questo gap, si rende necessario un cambio di passo. Ecco le leve su cui agire
9 Febbraio 2023
Daniel Raffini
Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale “A.Ruberti”, Sapienza Università di Roma
Tiziana Catarci
Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale “A.Ruberti”, Sapienza Università di Roma
Questo articolo è tratto dal capitolo “Scuola e istruzione” dell’Annual Report di FPA presentato il 27 gennaio 2023. Per leggere tutti gli approfondimenti scarica la pubblicazione
All’interno del sistema universitario italiano le donne rappresentano il 57% delle iscrizioni, ma se ci focalizziamo sull’area STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics) questa percentuale scende al 37%[1]. Questo dato va ulteriormente ripartito tra le diverse discipline STEM, per capire dove il divario di genere rappresenta un problema più grande e dove è necessario intervenire. Nei corsi di laurea in Scienze naturali, Matematica e Statistica le donne costituiscono il 57% del totale, il loro numero è dunque maggiore di quello degli uomini. Il divario inizia a farsi più evidente nei corsi di Ingegneria, Manifattura e Costruzioni, in cui le studentesse rappresentano solamente il 29% del totale. Il dato allarmante viene però dal settore delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (ICT): qui la percentuale scende fino al 14%.
Questi dati mostrano che all’interno dell’area STEM il settore ICT è quello nel quale il gender gap rappresenta un problema sostanziale. Lo squilibrio si fa più preoccupante se si tiene conto del fatto che in questi corsi di studio si stanno formando le persone che saranno chiamate a portare a compimento la transizione digitale, dalla quale dipende la costruzione della nuova modalità di rappresentazione e fruizione del mondo. La disparità di genere appare particolarmente grave, proprio perché priva tutti del valore della diversità: la rivoluzione digitale è fatta prevalentemente da uomini con una visione abbastanza omologata e questa visione sta disegnando il futuro dell’intera umanità.
Una così bassa presenza di ragazze nei corsi di laurea ICT appare poco sensata anche se si guarda al mondo del lavoro: le discipline legate alle tecnologie dell’informazione sono oggi quelle dove c’è la più alta offerta di lavoro (il numero delle offerte è addirittura maggiore di quello dei laureati e delle laureate) e nelle quali gli stipendi sono in assoluto i più alti. La mancanza di donne contribuisce alla grave carenza di lavoratori e lavoratrici specializzati nel digitale che sta rallentando la transizione digitale in Italia e in altri paesi. Per capire le ragioni per cui le ragazze non si iscrivono ai corsi di laurea ICT non bisogna allora guardare al mercato del lavoro o alle potenzialità del settore: il fattore che allontana le ragazze dalle discipline informatiche è la persistenza di stereotipi e pregiudizi di genere, che portano le persone a considerare i lavori legati al mondo dell’informatica non adatti alle donne. A differenza di altri tipi di pregiudizi, quello legato alla mancata attitudine delle donne per l’informatica appare fortemente radicato e più difficile da indebolire, perché tende a influenzare fin dalla più giovane età gli interessi e le inclinazioni delle bambine, determinando un rifiuto delle discipline informatiche molto difficile da abbattere in età adolescenziale o adulta. Non si tratta per le donne, in questo caso, dell’impossibilità di accedere alle posizioni lavorative (seppur qualche ostacolo rimane per raggiungere i vertici), quanto piuttosto di una resistenza culturale delle ragazze stesse nel momento di scegliere la loro carriera.
Per ovviare al problema del gender gap nei corsi di laurea ICT, sono state avviate dalle università molte iniziative mirate all’orientamento delle studentesse delle scuole superiori. Tali progetti, tuttavia, non hanno prodotto i risultati sperati in quanto a incremento dei numeri delle iscritte ai corsi di laurea. Molti studi hanno dimostrato infatti che gli stereotipi di genere si radicano nelle bambine in un’età compresa tra i 6 e i 7 anni, ben prima del loro ingresso nelle scuole superiori. Un primo passo da fare è dunque quello di spostare le iniziative di orientamento e di avviamento all’informatica verso le fasce di età più giovani, con approcci adeguati, come quello dell’apprendimento ludico. Il settore educativo dovrebbe puntare fin dalle scuole elementari e medie a introdurre gli studenti e le studentesse al problem solving, al pensiero computazionale e al coding, oltre che a competenze trasversali come il teamworking e il public speaking. Per fare ciò è necessario un potenziamento delle competenze tecnologiche del corpo docente, attraverso appositi corsi di formazione mirati all’insegnamento dell’informatica ai bambini e alle bambine che tengano conto delle metodologie pedagogiche più aggiornate. Si dovrebbe pensare, in un’ottica più strutturale, anche all’introduzione dello studio dell’informatica fin dalla scuola primaria.
Un altro elemento importante è la sensibilizzazione delle famiglie e della società in generale, attraverso l’adozione di strategie comunicative che cerchino di sradicare lo stereotipo di genere in relazione all’informatica. La comunicazione è indispensabile anche per le ragazze, che vanno attratte alle discipline ICT attraverso la proposta di esempi di donne di successo, rappresentate da role model raggiungibili. In questo modo si potrà scardinare il pregiudizio secondo cui l’esperto tecnologico deve essere necessariamente un uomo. Bisogna rendere chiara l’idea che l’informatica è uno strumento indispensabile che insegna a risolvere i problemi, per affrontare le diverse sfide del nostro tempo, come il cambiamento climatico, l’accessibilità delle cure, la sostenibilità. Accanto all’alfabetizzazione informatica, le nuove generazioni sarebbero così anche sensibilizzate verso temi importanti per il futuro, avviando una riflessione precoce su questi argomenti.
Un’utile strategia di avvicinamento è quella mirata a far comprendere che l’informatica è una disciplina che interessa diversi ambiti: non solo quello strettamente tecnologico, ma soprattutto quello relativo allo sviluppo di capacità di problem solving. La tecnologia è un prodotto, uno strumento, mentre l’informatica è un modo strutturato di trovare soluzioni. Un percorso di studio nel settore ICT è così in grado di aprire diverse carriere, che coinvolgono, oltre all’aspetto puramente tecnico, anche le aree dell’amministrazione, del business, della creatività, permettendo di lavorare in ambienti vari e di raggiungere in ognuno di essi i livelli più alti di carriera.
A livello pratico, è molto importante che i progetti educativi e di orientamento rivolti alle studentesse contemplino un follow-up, un’azione di monitoraggio da svolgersi successivamente all’attività che permetta di misurare la reale efficacia dei mezzi introdotti. Se un gruppo di ragazze partecipa a un progetto di avvicinamento all’informatica è necessario capire quante di esse, a distanza di anni, decideranno di intraprendere una carriera nel campo dell’ICT. Per fare ciò occorre seguire una coorte di studio composta dalle ragazze che hanno partecipato al progetto e confrontarla con una coorte di controllo, formata da ragazze dalle caratteristiche simili ma che non hanno frequentato il percorso, secondo un modello già utilizzato, per esempio, in ambito medico per testare l’efficacia a lungo termine di farmaci e terapie. Una simile modalità di monitoraggio è difficile da mettere in atto a causa dei costi elevati e della lunga durata, ma è indispensabile per capire quali strategie possano davvero contribuire all’indebolimento degli stereotipi e al superamento del gender gap nel campo dell’ICT, obiettivo strategico non solo per garantire parità di rappresentanza nel settore ma anche per colmare la mancanza di esperti informatici in Italia.
In conclusione, bisogna sottolineare la necessità di un potenziamento delle iniziative in atto per i diversi livelli educativi e di un’azione congiunta tra università, istituzioni e imprese, pensando anche all’introduzione di forme di incentivo verso le università e le scuole che promuovono la crescita della partecipazione femminile nei settori tecnologici. Appare utile un coordinamento degli sforzi, mirato a identificare le migliori iniziative, con lo scopo di estenderle a livello nazionale e impattare concretamente sul numero delle iscrizioni delle ragazze ai percorsi ICT. Di fronte alla poca efficacia delle singole strategie messe in atto finora, si rende necessaria un’azione condivisa e coordinata, che si basi su una metodologia di intervento precoce, estesa nel tempo e scientificamente fondata, e su progetti che prevedano la partecipazione attiva dei vari soggetti sociali interessati.
[1] Fonte: Rielaborazione Osservatorio Talents Venture su dati MIUR.