Una piattaforma per condividere le competenze degli insegnanti

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19 Gennaio 2016

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Dianora Bardi, docente, vicepresidente Centro Studi ImparaDigitale

Con la partenza operativa del Piano Nazionale Scuola Digitale, l’intero sistema scolastico sta vivendo un periodo di grande fermento. Sono stati emanati bandi di diversa tipologia: per fornire le aule tradizionali di tecnologie e di arredi per trasformarle in aule “aumentate”, per migliorare le infrastrutture, per rendere accogliente la propria scuola o formare alla cittadinanza digitale; allo stesso tempo sono nati i poli di formazione per gli Animatori Digitali ed è stata emanata la circolare sulle “Indicazioni e orientamenti per la definizione del piano triennale per la formazione del personale ”.

Un momento di grande stimolo, ma anche di grande confusione. Si devono elaborare piani, organizzare la formazione, definire le attività degli Animatori Digitali e molto altro…

Uno scrollone utile, importante, inevitabile. Per troppo tempo siamo rimasti fermi su una didattica tradizionale e un aggiornamento non obbligatorio, con tutti i rischi e i ritardi che questo ha comportato. Ho trovato pertinente l’articolo di Giuseppe Corsaro su questo tema “L’importanza della formazione obbligatoria sull’innovazione didattica ” e ancor più concordo con l’analisi degli errori commessi nella formazione finora erogata sulle competenze digitali : «Poter pensare che per ammodernare il lavoro dell’insegnante fosse sufficiente “tecnologizzarlo”. Niente di più inutile, sbagliato o addirittura dannoso. Eccolo il fatale equivoco».

Nelle nuove circolari, infatti, ora si parla di competenze per l’innovazione didattica e metodologica, di potenziamento delle competenze di base, di valutazione. Un cambio di prospettiva che era necessario. Le scuole, i docenti, i dirigenti scolastici si trovano in difficoltà nell’affrontare questo cambiamento: mancano le basi, manca la consapevolezza di cosa poter e dover fare effettivamente, non si conosce in molti casi e non si applica la didattica per competenze. Tutto questo genera perplessità e incertezza. Anche solo il lessico genera dubbi.

Basta entrare in qualche social network per ritrovarsi in uno scenario in cui docenti creano gruppi di lavoro, avviano dibattiti, allegano piani di lavoro che la maggior parte delle scuole non sarebbero in grado di attuare, dal momento che spesso non si tiene conto delle effettive realtà scolastiche, delle resistenze che inevitabilmente ci saranno nel momento in cui si faranno proposte di innovazione, dei passi che si dovranno compiere per insinuare l’idea del cambiamento.

D’altra parte il cambiamento non è mai facile: gli “innovatori naturali” che in questi anni hanno sperimentato lo sanno bene. Ma oggi, per fortuna, esiste una letteratura, esiste la volontà istituzionale di dare una spinta propulsiva e, ora, esistono gli Animatori Digitali, un esercito che ha accettato la sfida senza avere certezze su eventuali compensi, sugli impegni effettivi, sulle ore di lavoro che dovranno dedicare al progetto.

Ed è evidente che tali Animatori non dovranno semplicemente aiutare la scuola “a digitalizzarsi”. Se con questo termine puntiamo solo a riempire l’istituto di tecnologie, infatti, basta leggere le aree in cui dovranno formarsi: strumenti, economia, cittadinanza digitale, sicurezza, pensiero computazionale, nuovi curricula, collaborazione e comunicazione in rete, sicurezza nella navigazione e modalità di ricerca fonti, alternanza scuola-lavoro, modelli di assistenza tecnica, coinvolgimento delle comunità che afferiscono alla scuola, utilizzo di dati, analisi dei bisogni, strutturazione di formazione per rispondere a queste esigenze.

È evidente, infatti, che non si potrà solo avere una competenza tecnica e specifica, ma ci si dovrà orientare verso una visione sistemica e globale della scuola, così come (mi riferisco ancora all’articolo di Giuseppe Corsaro) il docente competente digitale non dovrà essere necessariamente un informatico, ma dovrà puntare a far emergere le modalità con cui le tecnologie possono essere abilitanti per una didattica molto differente da quella tradizionale.

Chi negli ultimi anni si è messo in gioco provando e sperimentando non può più permettere che questi nuovi docenti sbaglino, né lasciare che si commettano quegli stessi errori che tutti noi – per buona volontà, per entusiasmo, per desiderio di essere utili ai nostri ragazzi – abbiamo commesso. Si tratta di affiancare e di supportare non solo i docenti, ma tutti coloro che appartengono alla società civile coinvolti nel cambiamento, con suggerimenti, informazioni e indicazioni che nascono dalla vita quotidiana in classe.

È proprio in questa ottica che a breve il Centro Studi ImparaDigitale metterà a disposizione il Curriculum mapping, una piattaforma nata come progetto di ricerca realizzato in collaborazione con Fondazione Telecom Italia, in cui sarà possibile rendere intellegibile, condivisibile e trasparente il curriculum scolastico e le sue componenti, nonché vedere in modo sinottico i valori educativi della scuola, le componenti di riferimento, la loro applicazione nei diversi assi culturali e livelli o gradi di scuola, la programmazione annuale e la strutturazione delle unità di apprendimento.

In tal modo potrà nascere un ambiente di vera collaborazione, perché si possono condividere obiettivi e programmi tra insegnanti della stessa scuola o di gruppi di scuole, rendere accessibili i contenuti didattici, monitorare il curriculum d’Istituto, aggiornare e adattare l’andamento della programmazione in tempo reale, dare suggerimenti e supporti per l’elaborazione delle griglie di valutazione e per la definizione dei livelli di competenza raggiunti… un passo in avanti per aiutare i docenti in questo cammino. La speranza concreta è che anche altri centri di ricerca, docenti, associazioni – e non solo il Miur – mettano a disposizione il proprio know-how. Per permettere all’intero sistema-scuola di crescere in maniera integrata e collettiva.

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